La scorsa settimana, in un weekend lunghissimo e durato 4 giorni, abbiamo potuto assistere ai mondiali di trail running, finalmente resi visibili nella loro interezza, comprese le gare ultra, in un’impresa non facile ("registicamente" parlando) che ha permesso di notare molti elementi che possono dare spunti interessanti dal punto di vista tecnico riguardo la gestione degli sforzi sui diversi percorsi, cosa che da spettatori si riesce a fare raramente.
Le gare Vertical e Classic
Per runner che corrono forte. E che scoperta! Qualcuno potrebbe criticare il percorso del vertical troppo “corribile” (nonostante il pratone del lunghissimo finale molto ripido) perfetto per gli atleti africani, gente capace di correre fortissimo anche in pianura. Eppure non era un percorso scontato. I vertical estremi, talmente ripidi da dover essere camminati in quasi la loro interezza anche dai migliori atleti, sono una peculiarità di poche gare alpine e per un mondiale potrebbe essere giusto avere pendenze corribili e affrontabili anche da atleti e atlete che non vivono sulle Alpi. Alla fine conta sempre il motore. E mentre tra gli uomini gli atleti kenyani e ugandesi hanno vinto quasi tutto, tra le donne atlete europee ed americane hanno saputo far valere le loro capacità di runner scalatrici.
Le gare Short
Per runner che spingono sempre e dei quali viene premiata la completezza. A causa della variabilità del percorso, abbiamo visto continui capovolgimenti nella zona podio, col solo Stian Angermund capace di rimanere in testa sin dall’inizio, con l’incredibile rimonta di Luca Del Pero e con il sorpasso di Clementine Geoffrey su Judith Wyder nel finale. Si corre su pendenze altissime, si corre forte sul piano, si scende veloci e con pochi freni.
La gare Long
Per runner che sa camminare veloce e sa gestire le forze. Metà dei primi 10 della classifica finale erano oltre il ventesimo posto dopo il primo terzo di gara. Lo stesso vincitore maschile Benjamin Roubiol (tra l’altro, 23 anni, c’è ancora qualcuno convinto che le ultra siano solo per “vecchi”?) era 16° dopo quasi due ore di gara. La vincitrice Marion Delespierre era 6a a metà gara. Le pendenze erano elevate, e in una gara della durata di oltre 10 ore, in salita si è per la maggior parte del tempo camminato. Ma si cammina forte, non è una passeggiata, saper gestire il passo e rilanciare appena i sentieri spianano sono doti fondamentali. In discesa bisogna trovare il giusto mix di velocità e risparmio energetico e muscolare, o le conseguenze alla lunga si pagano. Inoltre alimentazione e idratazione giocano un ruolo fondamentale e decisivo.
Riassumendo, con un piccolo gioco di parole, possiamo dire di aver imparato che: in una gara di trail short bisogna correre ad un ritmo alto, ma "abbastanza lentamente" per riuscire a mantenerlo per il “breve” tempo di gara; mentre, al contrario, in una gara di trail long è necessario correre ad un ritmo basso, ma "sufficientemente veloce" per riuscire a mantenerlo per il “lungo” tempo di gara; nei vertical e nelle gare classic, invece, bisogna correre sempre forte.