Sembrano destinate a fare rumore le recentissime proposte fatte dal “Gruppo di Lavoro sulla diversità di genere degli atleti”, la Commissione voluta da World Athletics, l’organo mondiale dell’atletica leggera. Il tema è l’annosa questione che riguarda la partecipazione, nelle gare femminili, di atlete trans o affette da DSD, i disturbi della differenziazione sessuale.
Ebbene, dopo un dettagliato resoconto delle ultime evidenze scientifiche sulla materia, in un documento pubblicato lunedì 10 febbraio, la Commissione è giunta a una proposta che non prevede compromessi: solo donne nelle gare femminili. Nessuno spazio per atleti nati maschi, neppure per chi presenta la cosiddetta insensibilità agli androgeni, ovvero la presenza di genitali esterni femminili che (semplifichiamo) denotano una ridotta azione del testosterone. La Commissione propone di estendere un regolamento unico per trans e DSD.
La proposta sulla partecipazione, nelle gare femminili, di atlete trans o affette da DSD
Per evitare dubbi, ecco la proposta definitiva: rendere obbligatorio, per tutte le atlete d’elite, effettuare il test del sesso biologico. L’esame proposto è quello che ricerca il gene SRY, presente nel cromosoma Y (quello che determina il sesso maschile), tramite tampone faringeo o tramite macchie di sangue secco. Non si esclude però anche l’analisi dei livelli di testosterone.
Insomma, la proposta va verso la salvaguardia delle donne soprattutto nelle manifestazioni a livello internazionale, mentre la Federazione ribadisce la sua posizione più “aperta” nei confronti di manifestazioni “no stadia” (le già esistenti classifiche non binarie nelle maratone, per esempio) o di gare non internazionali.
Il ruolo delle atlete sulle proposte
Il concetto è ribadito nelle premesse di queste proposte. L’obiettivo è salvaguardare la correttezza e la lealtà nello sport femminile, sostenere “l’empowerment” delle donne e, non ultimo, accrescere il valore commerciale dello sport femminile. La Federazione sottoporrà queste proposte alle atlete e valuterà le risposte prima di prendere una decisione.
Le proposte arrivano in un periodo particolarmente caldo per le questioni di genere nello sport. Le ferme parole del presidente americano Donald Trump (“Fuori gli uomini dallo sport delle donne”), il caso della “nuotatrice” Lia Thomas, la mai sopita questione nella boxe tra Angela Carini e Imane Khelif, tengono sempre alta l’attenzione su questo delicato argomento dove sport, scienza, politica e ideologia si intrecciano senza trovare punti di accordo.
Semenya e tutti i casi dell'atletica
Per l’atletica leggera sembra essere arrivati a un possibile punto finale. Dai primi anni 2000, con il caso di Caster Semenya, due ori olimpici negli 800, le regole sono in continuo divenire.
Con gli esempi di Francine Niyonsaba, Margaret Wambui, Dutee Chand, Christine Mboma, Beatrice Masilingi, per citarne alcuni, la Federazione ha avuto atteggiamenti più o meno aperti, prendendo in considerazione i livelli di testosterone (le famose 5 millimoli) o vietando le gare dai 400 metri al miglio. Ora la direzione, almeno per l’atletica di vertice (leggi Olimpiadi, Mondiali, Campionati continentali e Diamond League), sembra essere quella del non ammettere più eccezioni. Il “sesso” ritorna a essere il centro dello sport, senza le sfumature del concetto di “genere”.